lunedì 3 gennaio 2011

DICEMBRE 2010

NIGERIA 1/12/2010
TANGENTI, DI FRONTE AI MAGISTRATI DIRIGENTI DI SHELL E HALLIBURTON

NIGERIA 2/12/2010
TANGENTI, VERSO INCRIMINAZIONE DIRIGENTI STRANIERI

NIGERIA 3/12/2010
DELTA DEL NIGER: VITTIME CIVILI DURANTE OPERAZIONE MILITARE

NIGERIA 3/12/2010
DELTA DEL NIGER: BOMBE E ROGHI NELLE CASE, AD AYAKOROMO È STRAGE

NIGERIA 6/12/2010
DELTA DEL NIGER, DOPO STRAGE SOSPESA OFFENSIVA ESERCITO

NIGERIA 6/12/2010
LAGOS: ONU INDAGA SU CARICO DI ARMI SEQUESTRATO

NIGERIA 7/12/2010
TANGENTI, NUOVE PROVE CONTRO HALLIBURTON
INCRIMINATO ANCHE EX-VICEPRESIDENTE STATI UNITI

NIGERIA 9/12/2010
WIKILEAKS, LA SHELL ANCHE DENTRO IL GOVERNO

Tangentopoli in Nigeria: Eni pronta a pagare una multa da 150 milioni di dollari
Il Fatto Quotidiano 9/12/2010

Nigeria: Militanti del delta del Niger distruggono oleodotto dell’Agip (Eni)
AgoraVox, 9/12/2010

NIGERIA 10/12/2010
DELTA DEL NIGER: DOPO LA STRAGE AD AYAKOROMO SOLO CASE BRUCIATE

NIGERIA 10/12/2010
WIKILEAKS: CASO PFIZER, I ‘TRUCCHI’ DIETRO LE QUINTE

NIGERIA 13/12/2010
DELTA DEL NIGER: AVANTI L'AMNISTIA, MA ALTRI CONFLITTI A FUOCO

L’ENI coinvolta in un gigantesco caso di corruzione in Nigeria
BLITZ QUOTIDIANO,13 dicembre 2010

NIGERIA 14/12/2010
TANGENTI: IPOTESI PATTEGGIAMENTO PER I DIRIGENTI DI HALLIBURTON

NIGERIA 17/12/2010
TANGENTI: ACCETTATO PATTEGGIAMENTO PER DIRIGENTI HALLIBURTON

NIGERIA 21/12/2010
LA SHELL NEL DELTA DEL NIGER: PETROLIO E DIRITTI RUBATI

NIGERIA 23/12/2010
TANGENTI, LE MULTINAZIONALI PATTEGGIANO

Nigeria, scontri tra cristiani e islamici
LA STAMPA, 26/12/2010

NIGERIA 27/12/2010
JOS: RIMANE ALTA LA TENSIONE, VIOLENZE DI NATURA POLITICA NON RELIGIOSA

NIGERIA 28/12/2010
JOS: AUMENTA BILANCIO VITTIME ATTENTATI DI NATALE

Sulla Nigeria soffia un vento di jihad
Il Sole24Ore, 29/12/2010

NIGERIA 29/12/2010
JOS: VIOLENZE, CRISTIANI E MUSULMANI ACCUSANO I POLITICI

NIGERIA 30/12/2010
A MAIDUGURI NUOVI ATTACCHI ATTRIBUITI A ‘BOKO HARAM’

NIGERIA 31/12/2010
JOS: SERIE DI ATTACCHI ARMATI CONTRO VILLAGGI RURALI

NIGERIA 31/12/2010
DECINE DI ARRESTI DOPO ATTACCHI DI MAIDUGURI

Siasia takes charge of Nigeria's Super Eagles
BBC SPORT, 1/12/2010

Dick Cheney faces bribery scandal charges in Nigeria
BBC, 2/12/2010

Nigeria voter registration kit stolen at airport
BBC, 9/12/2010

WikiLeaks cables: Shell's grip on Nigerian state revealed
Guardian.co.uk, 8 December 2010

Is coaching Nigeria the hardest job in world football?
BBC SPORT 10/12/2010

Nigeria army kills 'kidnap gang leader' in Abia state
BBC, 13/12/2010

Nigeria ex-governor James Ibori faces extradition to UK
BBC, 13/12/2010

Goodluck Jonathan gets boost to Nigeria election bid
BBC, 17/12/2010

Are Nigeria's musicians selling out?
BBC, 20/12/2010

Nigeria grants bail to Iranian held over arms shipment
BBC, 24/12/2010

Nigerian sex slave rescue from Mali 'fails'
BBC, 23/12/2010

Christmas bombings kill many near Jos, Nigeria
BBC, 25/12/2010

Nigeria: Jos sees renewed clashes after bombings
BBC, 27/12/2010

Muslim group claims Nigeria blasts
AlJazeera English 28/12/2010

Jos bombing: Politicians 'fuel Nigeria unrest'
BBC, 29/12/2010

Nigerian Islamist attacks kill police and civilians
BBC, 30/12/2010

NIGERIA 1/12/2010
TANGENTI, DI FRONTE AI MAGISTRATI DIRIGENTI DI SHELL E HALLIBURTON
Ci sono anche i direttori di Royal Dutch Shell e Halliburton, multinazionali con rapporti influenti dall’Africa al Medio Oriente, tra le persone coinvolte nelle inchieste dalla Commissione per i reati economici e finanziari (Efcc) sul pagamento di tangenti milionarie per acquisire contratti e realizzare profitti in Nigeria. Secondo il portavoce dell’Efcc, Femi Babafemi, i due manager sono stati convocati dagli inquirenti insieme con altri 21 dirigenti. Le inchieste riguardano due episodi distinti. Royal Dutch Shell, società anglo-olandese tra le più potenti nel settore petrolifero, è sospettata di aver versato tangenti a politici nigeriani attraverso la società svizzera Panalpina. Gli inquirenti seguono la pista di un patteggiamento che, il mese scorso, ha visto Shell pagare negli Stati Uniti una multa da 48 milioni di dollari. Alla Halliburton, società americana già legata al controverso ex-vicepresidente Dick Cheney e agli aspetti più oscuri della "ricostruzione" in Iraq, si contestano invece tangenti per 180 milioni di dollari. Una sua controllata si sarebbe in questo modo assicurata un contratto miliardario per la costruzione di un terminale per l’estrazione di gas naturale nella regione meridionale del Delta del Niger. Anche in questo caso, gli inquirenti prendono spunto da un patteggiamento di fronte a un giudice statunitense, concluso con il pagamento di una multa da 579 milioni di dollari. Nelle inchieste della Efcc sono coinvolti anche altri manager di rilievo internazionale, non ultimo Giuseppe Surace, direttore esecutivo di Saipem Contracting Nigeria Limited, una società del gruppo italiano dell'energia Eni. Secondo Babafemi, dopo l'arresto e un primo interrogatorio Surace è tornato in libertà (MISNA)

NIGERIA 2/12/2010
TANGENTI, VERSO INCRIMINAZIONE DIRIGENTI STRANIERI
Incriminazioni per presunti episodi di corruzione dovrebbero essere formalizzate nei prossimi giorni nei confronti di dirigenti di cinque società straniere, su tutti l’ex-vicepresidente americano e già amministratore delegato di Halliburton Dick Cheney. Ad annunciarlo sono stati oggi responsabili della Commissione per i reati economici e finanziari (Efcc), un organismo nigeriano che dalla settimana scorsa ha arrestato e interrogato più di 20 manager di alto livello. Secondo il procuratore Godwin Obla, “nei prossimi tre giorni” saranno formalizzate accuse nei confronti di dirigenti o ex-dirigenti della statunitense Halliburton e della sua ex-controllata Kbr, della francese Technip, dell’italiana Eni e della sua unità Saipem Contracting Nigeria Limited. Le inchieste della Efcc riguardano due episodi distinti. Alla Halliburton, società per altro legata agli aspetti più oscuri della “ricostruzione” in Iraq, si contestano tangenti a politici e intermediari nigeriani per 180 milioni di dollari. Grazie ai versamenti illeciti, effettuati tra il 1994 e il 2004, la sua controllata Kbr si sarebbe assicurata un contratto miliardario per la costruzione di un terminale per l’estrazione di gas naturale nella regione meridionale del Delta del Niger. In questa indagine sarebbero coinvolti anche responsabili di Technip e di Saipem Contracting Nigeria Limited, in particolare il direttore esecutivo Giuseppe Surace, rilasciato su cauzione lunedì dopo un primo interrogatorio. Le inchieste coinvolgono anche Royal Dutch Shell, gruppo anglo-olandese tra i grandi del petrolio, sospettato di aver versato tangenti a politici nigeriani attraverso una società svizzera. (MISNA)

NIGERIA 3/12/2010
DELTA DEL NIGER: VITTIME CIVILI DURANTE OPERAZIONE MILITARE
Sono almeno quattro ma potrebbero essere molte di più le vittime civili causate da un’incursione delle Forze armate in alcuni villaggi della regione del Delta del Niger, dove si sospetta abbia base e riferimenti un gruppo ribelle: lo scrive oggi il quotidiano “The Vanguard”, sottolineando che l’operazione è ancora in corso. Preparata e sostenuta da bombardamenti aerei, l'offensiva sarebbe scattata ad Ayakoromo e in altri villaggi del distretto di Burutu, nello Stato del Delta. Testimonianze raccolte da “The Vanguard” confermano che almeno quattro persone sono morte nella loro casa in fiamme. Secondo un’associazione che opera nel Delta del Niger, il Forum per la giustizia e la difesa dei diritti umani (Fjhd), le vittime dell’incursione sono più di 150. “Le comunità di Ayakoromo e di altri villaggi vicini – si sostiene in una nota diffusa dall’associazione - sono ancora sotto l’assedio della Forza di intervento congiunto”. Secondo “The Vanguard”, l’obiettivo dell’operazione sarebbe la cattura di John Togo, presunto comandante di un gruppo armato denominato Forza di liberazione del Delta del Niger. (MISNA)

NIGERIA 3/12/2010
DELTA DEL NIGER: BOMBE E ROGHI NELLE CASE, AD AYAKOROMO È STRAGE
Bruciati nelle case o avvolti dalle fiamme delle bombe: almeno 50 civili sono morti così nel villaggio di Ayakoromo, durante l’incursione di un’unità speciale dell’esercito a caccia di militanti in lotta contro il governo. La notizia è stata confermata alla MISNA da diverse fonti nello Stato del Delta e in particolare dal vescovo della diocesi di Bomadi dove sorge Ayakoromo. “La strage - dice alla MISNA monsignor Hyacinth Egbebo - ha seguito l’uccisione di alcuni soldati che avevano occupato il villaggio”. L’Unità di intervento congiunto (Jtf) dell’esercito aveva il compito di catturare John Togo, uno dei comandanti della Forza di liberazione del Delta del Niger (Ndlf), un gruppo che non ha aderito al programma di amnistia avviato dal governo l’anno scorso. “I bombardamenti aerei e il rogo delle case – dicono alla MISNA – sono stati una ritorsione: chi non è fuggito in tempo non ha avuto scampo”. Secondo monsignor Egbebo, centinaia di persone sono fuggite nei boschi che circondano il villaggio. Tra loro c’è anche il parroco di Ayakoromo. Non ce l’ha fatta invece il presidente del Consiglio parrocchiale. Con lui sono morte donne e bambini. (MISNA)

NIGERIA 6/12/2010
DELTA DEL NIGER, DOPO STRAGE SOSPESA OFFENSIVA ESERCITO
È stata sospesa l'offensiva dell'esercito contro presunti militanti armati che, la settimana scorsa, ha causato numerose vittime civili nella regione petrolifera del Delta del Niger: lo dice alla MISNA monsignor Hyacinth Egbebo, vescovo di Bomadi, la diocesi dove è avvenuta la strage. Nel fine-settimana, dopo le denunce dell’organizzazione non governativa Forum per la giustizia e la difesa dei diritti umani (Fjhd) e i primi lanci delle agenzie di stampa, ufficiali delle Forze armate hanno smentito che l’incursione abbia causato vittime civili. Ma questa versione è contestata da diverse fonti della MISNA. “I militari – sottolinea monsignor Egbebo - hanno bruciato le case del villaggio di Ayakoromo incendiando la benzina che serviva per alimentare i generatori di elettricità”. Secondo il vescovo, fare una stima del numero dei morti è difficile ma non ci sono dubbi sul fatto che l’esercito abbia provocato un massacro. I militari avevano il compito di catturare John Togo, uno dei comandanti della Forza di liberazione del Delta del Niger (Ndlf), un gruppo che non ha aderito al programma di amnistia avviato dal governo l’anno scorso. Secondo testimonianze raccolte dalla MISNA, sotto le bombe o nei roghi delle case sarebbero morte una cinquantina di persone. La strage avrebbe seguito l’uccisione di alcuni soldati che avevano occupato Ayakoromo e alcuni altri villaggi nello Stato del Delta. (MISNA)

NIGERIA 6/12/2010
LAGOS: ONU INDAGA SU CARICO DI ARMI SEQUESTRATO
Arriverà nei prossimi giorni a Lagos la delegazione di sei uomini inviata dalle Nazioni Unite per far luce sul caso del carico di armi, provenienti dall’Iran e dirette in un non meglio identificato paese africano, sequestrato lo scorso Ottobre nel porto di Lagos. Lo hanno riferito fonti della sicurezza nigeriana, precisando che i funzionari delle Nazioni Unite dovranno ispezionare i 13 container carichi di armi e munizioni, ma anche incontrare alti funzionari statali e personale diplomatico per tentare di avere un quadro completo della vicenda. L’episodio, che finora ha portato al fermo di quattro persone, tra cui un iraniano, ha provocato un vero e proprio terremoto diplomatico. Dopo che fonti ufficiali nigeriane hanno riferito che le armi erano dirette in Gambia – altre fonti hanno parlato però della Costa d’Avorio o del Delta del Niger, nella stessa Nigeria, o perfino della Striscia di Gaza – il governo gambiano ha sospeso le relazioni diplomatiche con l’Iran, accusato di sostenere l’opposizione interna al paese e presunti movimenti golpisti. Le indagini nigeriane sulla vicenda, comunque, sono ancora in corso. (MISNA)

NIGERIA 7/12/2010
TANGENTI, NUOVE PROVE CONTRO HALLIBURTON
Per 10 anni la società americana Halliburton pagò tangenti a dirigenti nigeriani con l'obiettivo di assicurarsi un contratto per la costruzione di un terminale per l’estrazione di gas naturale: l’ultima conferma è arrivata da un manager inglese, che ieri si è dichiarato colpevole di fronte a un tribunale degli Stati Uniti. Secondo Wojciech Chodan, i pagamenti furono effettuati attraverso la Kellogg, Brown & Root (Kbr), una società controllata da Halliburton della quale all'epoca era dirigente. Il manager ha sostenuto che, tra il 1994 e il 2004, per "ottenere e conservare" un contratto da sei miliardi di dollari furono versate mazzette anche a “esponenti del governo”. In relazione alla vicenda, negli Stati Uniti l’anno scorso Kbr e Halliburton hanno patteggiato una multa da 579 milioni di dollari. Di recente, gli illeciti sono stati all’origine di più di 20 arresti disposti dalla Commissione nigeriana per i reati economici e finanziari (Efcc). A suscitare particolare clamore è stato il coinvolgimento nell’inchiesta di Dick Cheney, ex-vicepresidente degli Stati Uniti e già amministratore delegato di Halliburton.

INCRIMINATO ANCHE EX-VICEPRESIDENTE STATI UNITI
C’è anche l’ex-vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney tra le personalità incriminate oggi ad Abuja in relazione allo scandalo tangenti che coinvolge la società americana Halliburton: lo ha detto Femi Babafemi, portavoce della Commissione per i reati economici e finanziari (Efcc) che coordina l’inchiesta nigeriana. Insieme con Cheney, amministratore delegato di Halliburton prima di diventare vice-presidente americano nel 2000, sono stati incriminati altri tre manager della società. Tra il 1994 e il 2004, i dirigenti di Halliburton avrebbero pagato tangenti per 180 milioni di dollari con l’obiettivo di ottenere e conservare un contratto miliardario per la costruzione di un impianto per l’estrazione di gas naturale nella regione del Delta del Niger.(MISNA)

NIGERIA 9/12/2010
WIKILEAKS, LA SHELL ANCHE DENTRO IL GOVERNO
La multinazionale petrolifera Royal Dutch Shell è a conoscenza di tutto ciò che accade nel governo nigeriano, nonostante ad Abuja non se ne rendano pienamente conto: è quanto emerge da alcuni documenti diplomatici statunitensi, rivelati al pubblico dal sito giornalistico Wikileaks. In alcuni “cablo” riservati l’ambasciatore americano in Nigeria Robin Renee Sanders fa riferimento a un colloquio dell'anno scorso con Ann Pickard, responsabile di Shell ad Abuja. Durante l’incontro la manager avrebbe detto che la multinazionale ha suoi uomini in ogni dipartimento e per questo “sa tutto quello che accade nei ministeri”. Dai documenti riservati emerge inoltre che in alcuni casi Shell avrebbe fornito informazioni "di intelligence" ai diplomatici americani, ad esempio rispetto al presunto sostegno fornito da politici locali a gruppi armati attivi nel Delta del Niger, la regione petrolifera dove si concentrano gli interessi delle società straniere che operano in Nigeria. Significative anche le rivelazioni sui timori suscitati nella dirigenza di Shell da una crescente concorrenza per il controllo dei pozzi e degli oleodotti nigeriani. All’ambasciatore Sanders la Pickard avrebbe detto che la sua società era a conoscenza di aperture nei confronti di aziende russe e cinesi che il governo di Abuja avrebbe voluto tenere segrete.(MISNA)

Tangentopoli in Nigeria: Eni pronta a pagare una multa da 150 milioni di dollari
Insieme ad altri due membri del consorzio TSKJ, l’Eni (in rappresentanza della sua controllata Snamprogetti) tratta il patteggiamento con le autorità nigeriane che l’accusano di corruzione in relazione al mega progetto di Bonny Island. La giustizia locale chiede non meno di 150 milioni di dollari
Accusate di corruzione nell’ambito di un maxi progetto infrastrutturale in territorio nigeriano, le compagnie Technip SA (Francia), JGC (Giappone) e l’italiana Eni – in rappresentanza della sua controllata Snamprogetti – sarebbero pronte a chiudere le proprie pendenze con la giustizia locale patteggiando una maxi multa. Lo riferisce l’agenzia Bloomberg citando le dichiarazioni del procuratore della Economic and Financial Crimes Commission di Abuja Godwin Obla. “I colloqui proseguono e speriamo di raggiungere un accordo al più presto una volta che la cifra sarà concordata dalle parti”, ha dichiarato il funzionario. La Nigeria chiede non meno di 150 milioni di dollari a ciascuna compagnia coinvolta.
La vicenda fa riferimento al piano di realizzazione degli impianti di liquefazione del gas presso Bonny Island, nel sud della Nigeria. Un progetto dal valore complessivo di oltre 6 miliardi di dollari. Secondo l’accusa, tra il 1994 e il 2004, il consorzio TSKJ (del quale facevano parte le già citate Technip, Snamprogetti – che dal 2008 è ufficialmente incorporata in un’altra azienda del gruppo Eni, la Saipem – , JGC e l’americana KBR, una sussidiaria del colosso Halliburton) avrebbe pagato oltre 180 milioni di dollari a politici nigeriani per ottenere la commessa. Nelle ultime settimane la giustizia locale si era attivata arrestando 23 dipendenti di KBR e Technip, poi rilasciati, e spiccando un mandato di cattura nei confronti dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney, al vertice di Halliburton fino al 2000. La compagnia americana ha respinto l’accusa negando qualsiasi coinvolgimento da parte dell’ex numero due dell’amministrazione Bush.
Al momento non emergerebbero particolari dettagli in merito al patteggiamento in corso in Nigeria. Il portavoce della Technip Christophe Belorgeot ha confermato all’agenzia Bloomberg la collaborazione in atto tra la sua compagnia e le autorità di Abuja senza però fornire ulteriori particolari mentre il suo collega dell’Eni Gianni di Giovanni ha precisato come “le spiegazioni e la documentazione fornita” dalla sua società abbiano soddisfatto gli inquirenti locali.
Il raggiungimento di un accordo per una risoluzione “finanziaria” del procedimento consentirebbe alle compagnie di chiudere ogni questione sul fronte nigeriano facendo ricorso alla strategia già applicata nei confronti degli inquirenti americani che, in passato, avevano mosso le medesime accuse ai membri del consorzio TSKJ. Lo scorso anno Halliburton e KBR avevano patteggiato una multa record da 579 milioni di dollari. Eni se l’era cavata con 365 milioni, Technip aveva chiuso le sue pendenze con poco meno (342 milioni).
L’eventuale chiusura dei conti con la Nigeria non risolverebbe comunque in pieno i guai giudiziari dell’Eni, tuttora nel mirino della giustizia italiana in relazione alla medesima vicenda. Alla fine di novembre, i pm della Procura di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro e il gup Simone Luerti hanno chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di corruzione internazionale per cinque ex manager della Snamprogetti. Tra questi anche Luigi Patron e Angelo Caridi che, all’epoca, rivestivano rispettivamente i ruoli di presidente e amministratore delegato della stessa Snamprogetti. Giuseppe Surace, direttore generale della Saipem Construction Company Limited, era stato arrestato un paio di giorni prima in Nigeria.
Secondo la tesi dell’accusa, in base alla ricostruzione del tribunale statunitense di Houston, le tangenti sarebbero state pagate attraverso il canale della LNG servicos e gestao de projectos, una società – con sede nel paradiso fiscale di Madeira – legata al consorzio e partecipata al 25% dal Gruppo ENI. Da lì le tangenti sarebbero poi giunte in Nigeria per mezzo dell’avvocato inglese Jeffrey Tesler e della sua società, la Tri-Star Investments Ltd, registrata a Gibilterra. Gli importi sarebbero stati approvati direttamente dal consiglio di amministrazione di LNG del quale – a quanto risulta dai dati della camera di commercio di Madeira – facevano parte anche due rappresentanti di Snamprogetti: Antonio Falliti e Paolo Baicchi. Secondo Spadaro e De Pasquale, i due manager italiani si sarebbero opportunamente assentati durante le votazioni del consorzio in modo che le tangenti fossero approvate ma, al tempo stesso, il Gruppo Eni risultasse defilato.
Il Fatto Quotidiano 9/12/2010

Nigeria: Militanti del delta del Niger distruggono oleodotto dell’Agip (Eni)
Un oleodotto gestito dall’ Eni, tramite la NAOC (Nigerian Agip Oil Company), è stato fatto esplodere nel Delta del Niger martedì notte, lo ha detto questa mattina un membro della comunità in cui è avvenuto l’attacco.
Williams Welemu ha detto che i giovani locali di Igbomo Toru “hanno fatto saltare in aria” l’oleodotto alle 21.45 di martedì per protestare contro l’assegnazione dell’appalto sulla sicurezza dell’impianto dell’ENI ad un ex presunto militante.
Un portavoce di Eni – citato da The Times of Nigeria – ha detto che stava cercando conferme dell’attacco. La società aveva già rifiutato di commentare la minaccia di un attacco contro l’oleodotto. Welemu ha detto al “Dow Jones Newswires” che da diverse settimane i giovani locali stavano minacciando di far saltare l’oleodotto. “Ho cercato di fermarli [per diverse settimane] ma non mi hanno ascoltato”. Gli aggressori chiedono che l’Agip (ENI) “assuma giovani locali”. “Un ex presunto militante di un’altra comunità che ha un problema con la nostra comunità è stato assunto per proteggere l’oleodotto".
I giovani protestavano anche contro l’inquinamento provocato dalle continue perdite dell’oleodotto, ha aggiunto Welemu.
Nell’ultimo periodo erano state rinnovate le minacce di attacchi contro le infrastrutture petrolifere nella più grande e ricca regione petrolifera dell’Africa a seguito di un offensiva militare della JTF (Joint Task Force) per distruggere i campi dei militanti.
Recentemente altri due oleodotti dell’Eni, gestiti dalla Naoc, erano stati fatti esplodere a Gbaran e Logosgene nello stato di Bayelsa. La società non ha rilasciato dichiarazioni sui danni prodotti dagli attacchi e sull’eventuale riduzione della produzione. Spesso l’Eni è stata accusata dai gruppi militanti di corrompere i capi delle delle comunità locali e i gruppi armati non politicizzati per ottenere protezione ed evitare attacchi agli impianti invece di cercare una soluzione al problema delle perdite e alla povertà delle comunità dove la società italiana opera.
AgoraVox, 9/12/2010

NIGERIA 10/12/2010
DELTA DEL NIGER: DOPO LA STRAGE AD AYAKOROMO SOLO CASE BRUCIATE
“Qui la vita vale poco” dice alla MISNA monsignor Hyacinth Egbebo, vescovo di Bomadi ma soprattutto uno dei pochi a poter visitare il villaggio di Ayakoromo dopo la strage del 1° dicembre. Nei giorni scorsi si sono susseguite le accuse e le smentite, alcune organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato 150 vittime civili mentre gli ufficiali dell'esercito hanno continuato a negare. Ma ad Ayakoromo, nel Delta del Niger del petrolio e degli abusi, c’è solo silenzio. “Molti sono stati uccisi, molti sono fuggiti nella foresta e nelle città vicine” dice monsignor Egbebo. Davanti a sé vede decine di case senza tetto, bruciate dalla benzina dei generatori elettrici. “Dopo l'occupazione del villaggio da parte dell'esercito – racconta il vescovo – sono stati uccisi alcuni soldati: poi è cominciata la vendetta”. Una vendetta sistematica, perché in questo villaggio dello Stato del Delta restano solo un centinaio di bambini e anziani che hanno perso tutto. La casa, ma anche le canoe e le reti per pescare. Probabilmente nessuno di loro conosceva John Togo, il comandante delle Forze di liberazione del Delta del Niger (Ndlf) ricercato dall’esercito. Nel tentativo di catturarlo i soldati hanno occupato e distrutto un campo di addestramento che si trovava a tre chilometri da Ayakoromo. Nelle ultime settimane operazioni come queste ne sono state fatte diverse. L’idea è colpire i militanti che non hanno aderito al programma di amnistia avviato dal governo l’anno scorso. Ma è difficile, avvertono fonti della MISNA nel Delta del Niger, capire chi ha torto e chi ha ragione, che vuole la pace e chi cerca la guerra. Restano disoccupazione, povertà, sofferenze e spesso vittime civili. Come Bonaventure Kalama, il presidente del Consiglio parrocchiale di Ayakomoro, ma anche donne e bambini. Alla MISNA monsignor Egbebo avrebbe voluto mandare delle fotografie ma, dice, è vietato scattare o filmare. “Le case che non potevano essere bruciate sono crivellate di colpi” spiega il vescovo, cercando di descrivere. (MISNA)

NIGERIA 10/12/2010
WIKILEAKS: CASO PFIZER, I ‘TRUCCHI’ DIETRO LE QUINTE
Rovinare la reputazione di chi accusa per alleggerirne la pressione se non addirittura ricavarne un completo lasciapassare: è la tattica che sembra aver seguito l’azienda farmaceutica statunitense Pfizer contro il procuratore federale Michael Aondoakaa, incaricato di seguire un caso di presunta malasanità che la vede sul banco degli imputati nel paese africano. La notizia si ricava da uno dei documenti riservati della diplomazia americana diffusi dal sito Wikileaks in questi giorni. Secondo la nota dell’ambasciata statunitense ad Abuja, ad aprile 2009 il responsabile locale della Pfizer, Enrico Liggeri, disse che l’azienda non era felice di accordarsi sul caso, arrivando però alla conclusione che era meglio pagare i 75 milioni di dollari chiesti dalla controparte perché la vertenza stava andando avanti da troppi anni. Il caso riguardava 200 bambini dello Stato di Kano, cui nel 1996 fu somministrato un antibiotico sperimentale, il Trovan, per contrastare una epidemia di meningite. Dei 200 bambini cui fu somministrato il farmaco, 11 morirono e 189 riportarono danni fisici, tra cui anche paralisi, cecità e danni celebrali. La Pfizer sostiene di aver ottenuto il consenso orale dei genitori e dei tutori dei bambini e l’autorizzazione del ministero della Sanità di Kano (documento questo contestato dall’accusa), e sostiene inoltre che i danni sono una conseguenza della meningite e non del farmaco. In effetti, la vertenza si concluse con il pagamento dei 75 milioni di dollari, ma la notizia nuova è contenuta nel documento riservato dell’ambasciata che riporta le affermazioni di Liggeri. Secondo quest’ultimo, la Pfizer assoldò a un certo punto degli investigatori per scoprire eventuali casi di corruzione che riguardassero il procuratore Aondoakaa, passando poi le informazioni – come avvenne – a giornali locali con l’obiettivo di avviare una campagna diffamatoria. Così tra febbraio e marzo 2009, furono pubblicati diversi articoli sul conto di Aondoakaa tanto che – sono le asserzioni di Liggeri riferite dall’ambasciata – i suoi accoliti cercarono di convincerlo a lasciar stare la procedura giudiziaria contro la Pfizer temendo ulteriori e negativi articoli. L’anno successivo al test clinico in Africa, la Pfizer presentò all’agenzia americana competente per l’autorizzazione di cibo e medicinali (‘Food and Drug Administration’, Fda) il farmaco. La Pfizer ottenne l’autorizzazione ma ad esclusione dell’uso pediatrico. Successivamente, in seguito a casi di grave sofferenza epatica collegabili al Trovan, l’Fda ne consigliò l’uso solo in casi di emergenza. Il farmaco non è commercializzabile nell’Unione Europea. (MISNA)

NIGERIA 13/12/2010
DELTA DEL NIGER: AVANTI L'AMNISTIA, MA ALTRI CONFLITTI A FUOCO
Ateke Tom, il comandante di una formazione irregolare che opera nella regione petrolifera del Delta del Niger, ha lasciato oggi al governo il controllo di otto campi di addestramento nell’ambito di un programma di amnistia avviato l’anno scorso. Fonti della MISNA nel Delta sottolineano che Ateke Tom non è legato al Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), la più importante rete di gruppi armati che lottano contro le politiche del governo e gli abusi delle multinazionali del petrolio. La consegna dei campi era prevista da un accordo raggiunto nel novembre 2009, sulla base del quale Ateke Tom sarebbe stato trattato alla stregua di un militante politico e non di un semplice criminale come era avvenuto prima di allora. In un’altra zona del Delta, nello Stato di Abia, ieri reparti scelti dell’esercito avrebbero ucciso in combattimento Geoffrey Ogbonna, un capo locale ritenuto responsabile di molti sequestri. Particolare clamore aveva suscitato in ottobre il rapimento nella città di Aba di 15 bambini, in seguito liberati durante un blitz dell’esercito.(MISNA)

L’ENI coinvolta in un gigantesco caso di corruzione in Nigeria
Gli ingredienti per un tenebroso affare ci sono tutti: giacimenti petroliferi immensi, governanti corrotti, milioni di dollari in gioco, manager disposti a tutto, un complotto internazionale. Sullo sfondo della scena, il paesaggio solitario e selvaggio dell’Africa Nera, della Nigeria, gigante povero dalla popolazione affamata, ma con un suolo rigurgitante di ricchezze.
L’ENI è coinvolta in un gigantesco caso di corruzione internazionale. La compagnia di Paolo Scaroni ha fatto parte dal 1995 al 2000 di un consorzio guidato dalla Halliburton e composto da quattro multinazionali – oltre alla compagnia texana, dalla giapponese Jgc, dalla francese Technip e dall’italiana Snamprogetti (controllata dall’ENI) – il quale avrebbe versato la stratosferica somma di 180 milioni di dollari in tangenti per corrompere politici e alti funzionari nigeriani con lo scopo di aggiudicarsi l’autorizzazione a costruire impianti di liquefazione di gas. I benefici dell’operazione si sarebbero aggirati intorno ai 6/7 miliardi di dollari.
Le indagini, in corso da tempo, fanno le prime vittime eccellenti. La giustizia americana segue la pista della corruzione da ormai due anni e il processo negli Stati Uniti si è concluso mesi fa con un patteggiamento. La Halliburton si è dichiarata colpevole ed è stata costretta a versare la somma record di 579 milioni di dollari, divisi tra il Dipartimento di giustizia di Washington e la Sec, la commissione di controllo delle società quotate in borsa.
Nel contempo le indagini proseguono negli altri paesi coinvolti. La procura di Milano, dopo la segnalazione americana, ha aperto un fascicolo contro la compagnia petrolifera italiana. I PM Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno ufficialmente iscritto nel registro degli indagati cinque persone fisiche (il presidente, l’amministratore delegato e tre manager di alto livello della Snamprogetti all’epoca dei fatti) per «corruzione internazionale». Secondo i procuratori, la Snamprogetti avrebbe deliberatamente eluso il codice etico dell’ENI «disponendo la creazione di fondi neri utilizzati allo scopo di pagare provvigioni a intermediari all´estero». Accuse plausibili, visto che per evitare che alla Snam sia comminata la misura interdittiva (che le impedirebbe di partecipare a gare d´appalto internazionali), la casa madre Eni, come la Halliburton, si è impegnata a versare la consistente cifra di 365 milioni di dollari alle autorità statunitensi.
In Nigeria è invece finito in carcere il direttore di operazioni di Saipem (la società ENI che controlla la Snamprogetti), l’italiano Giuseppe Surace. Durante la prima settimana di dicembre, l’EFCC, la Commissione per i crimini economici e finanziari della Nigeria, ha autorizzato la perquisizione degli edifici della Halliburton a Lagos. In questa occasione sono stati arrestati dieci impiegati e due direttori, così come il già citato amministratore delegato della Saipem, e il suo omologo francese della Tecnip. L’EFCC si sta sempre più interessando ai numerosi fenomeni di corruzione che segnano la vita politica ed economica del paese. Il 26 novembre, l’EFCC ha ugualmente fatto un blitz negli uffici della compagnia svizzera di logistica Panalpina, arrestando 11 dipendenti coinvolti in un caso di corruzione nel quale sarebbero stati versati 240 milioni di dollari a politici e funzionari nigeriani. Perfino l’ex vicepresidente Usa Dick Cheney – alla guida della Halliburton fino al 2000 – e’ finito nel mirino della magistratura nigeriana con l’accusa di cospirazione, corruzione di pubblici ufficiali e ostacolo alla giustizia.
Non è la prima volta che l’Eni si trova coinvolta in un processo per corruzione. Già al tempo di tangentopoli fu accusata nel celebre processo della tangente Enimont, giornalisticamente definita la “madre di tutte le tangenti”. In quell’occasione, i magistrati accertarono che 150 miliardi di lire furono spesi per comprarsi politici e funzionari italiani. Da allora, la compagnia petrolifera italiana si era dotata di un codice etico che avrebbe dovuto impedire la possibilità di nuovi casi di corruzione. Evidentemente, non è bastato.
BLITZ QUOTIDIANO,13 dicembre 2010

NIGERIA 14/12/2010
TANGENTI: IPOTESI PATTEGGIAMENTO PER I DIRIGENTI DI HALLIBURTON
Il pagamento di una multa da 250 milioni di dollari in cambio dell’impunità per i dirigenti di Halliburton, in particolare l’ex-vice-presidente degli Stati Uniti e amministratore delegato della società americana Dick Cheney: è l’ipotesi di patteggiamento sul tavolo dalla Commissione per i reati economici e finanziari (Efcc). A rivelare la possibilità di un’intesa giudiziaria è stato Femi Babafemi, il portavoce dell’Efcc, dopo un incontro a Londra tra i magistrati nigeriani e i rappresentanti legali di Halliburton. Se valutata con favore anche da Bello Adoke, procuratore generale e ministro della Giustizia, l’ipotesi di patteggiamento metterebbe al riparo dalle inchieste nigeriane anche altri dirigenti di Halliburton. A tutti è contestato il pagamento tra il 1994 e il 2004 di tangenti per 180 milioni di dollari. L’obiettivo sarebbe stato “ottenere e conservare” un contratto del valore di sei miliardi per la costruzione di un impianto nella regione petrolifera del Delta del Niger. Negli Stati Uniti, lo scorso anno, in relazione all’inchiesta Halliburton aveva già patteggiato una multa da 579 milioni di dollari. Le indagini nigeriane hanno coinvolto nelle ultime settimane anche dirigenti di altre società del consorzio internazionale vincitore della gara di appalto per la costruzione dell’impianto. Tra queste la francese Technip e l’italiana Saipem, un’unità del gruppo Eni (MISNA)

NIGERIA 17/12/2010
TANGENTI: ACCETTATO PATTEGGIAMENTO PER DIRIGENTI HALLIBURTON
Ha lasciato cadere ogni accusa contro l’ex vice-presidente americano Dick Cheney e altre persone sospettate di corruzione la Commissione per i reati economici e finanziari (Efcc) nigeriana. Diffondendo la notizia, il quotidiano nigeriano ‘Leadership’ ha riferito la decisione presa dall’organismo incaricato di valutare le accuse contro i dirigenti della Halliburton, multinazionale americana di cui era amministratore delegato Cheney. Alla fine la Efcc ha accettato una proposta di patteggiamento discussa alcuni giorni fa a Londra tra i magistrati nigeriani e i legali della Halliburton in base alla quale quest’ultima pagherà una multa di 250 milioni di dollari in cambio dell’impunità dei suoi dirigenti. A tutti era contestato il pagamento tra il 1994 e il 2004 di tangenti per 180 milioni di dollari. L’obiettivo sarebbe stato “ottenere e conservare” un contratto del valore di sei miliardi per la costruzione di un impianto nella regione petrolifera del Delta del Niger. Negli Stati Uniti, lo scorso anno, in relazione all’inchiesta Halliburton aveva già patteggiato una multa da 579 milioni di dollari. Le indagini nigeriane hanno coinvolto nelle ultime settimane anche dirigenti di altre società del consorzio internazionale vincitore della gara di appalto per la costruzione dell’impianto. Tra queste la francese Technip e l’italiana Saipem, un’unità del gruppo Eni. (MISNA)

NIGERIA 21/12/2010
LA SHELL NEL DELTA DEL NIGER: PETROLIO E DIRITTI RUBATI
A Koroama manca l’acqua da sei mesi. “Prima hanno dragato il fiume, poi hanno cominciato a bruciare il gas” racconta Kingsay Kwokwo, un capo villaggio che alla “responsabilità sociale” delle multinazionali del petrolio non crede più. In quest’angolo del Delta del Niger, nello Stato di Bayelsa sotto il tacco della Royal Dutch Shell, la MISNA è accompagnata da un piccolo gruppo di difensori dei diritti umani. “Le società straniere promettono milioni di dollari in progetti di sviluppo locale, ma spesso alle comunità non arriva nulla” dice padre Edward Obi, un missionario che dirige il Center for Social and Corporate Responsibility (Cscr). L’ultima conferma arriva dalla regione di Gbaran-Ubie, dove a giugno è stato inaugurato un impianto “integrato” per il petrolio e il gas naturale. L’opera è una delle più significative tra quelle realizzate da Shell, alla conquista del Delta dal 1936. A pieno regime l'anno prossimo sarà in grado di produrre un miliardo di metri cubi di metano al giorno, circa un quarto dell’intera produzione nigeriana. Gli idrocarburi sono raffinati sul posto prima di essere inviati a Bonny Island, un terminale noto alle cronache per le tangenti milionarie versate a politici e funzionari da società nordamericane ed europee. A Koroama, invece, resta la rabbia. Il villaggio è sventrato da due oleodotti nonostante la loro costruzione fosse vietata da uno studio di sostenibilità ambientale effettuato dal governo nigeriano nel 2005. “Quel documento – sottolinea padre Edward – prevede anche che Shell garantisca un sistema di forniture di acqua potabile per compensare almeno in parte i danni ambientali”. I giovani del Center for Social and Corporate Responsibility hanno raggiunto 17 villaggi e intervistato centinaia di persone. Degli acquedotti promessi non c’è traccia, nonostante Shell sostenga che dall’inizio dei lavori le comunità locali abbiano ottenuto “benefici” e “lavoro”. Nei villaggi ricordano come fosse ieri le promesse che l’odore e i veleni del gas bruciato sarebbero durati poco. “Ma da giugno le fiamme nel cielo del Delta non si sono mai spente” assicura un capo tradizionale che dal suo villaggio vede ciminiere e torri di metallo. C’è rabbia e delusione anche quando si parla di lavoro, “300 posti a tempo indeterminato” sostiene Shell. “I tecnici e gli operai li portano da fuori” risponde la gente dei villaggi. A maggio le proteste delle donne della regione di Gbaran-Ubie hanno costretto il governatore di Bayelsa a una mediazione. Per completare i “progetti sociali” previsti da un accordo firmato da Shell con le comunità locali, ora, ci sarà tempo fino al 31 dicembre. “Ma anche questa - dicono alla MISNA dal Delta – è solo un’illusione”. (MISNA)

NIGERIA 23/12/2010
TANGENTI, LE MULTINAZIONALI PATTEGGIANO
Il governo nigeriano ha incassato oltre 170 milioni di dollari da accordi di patteggiamento con diverse multinazionali sospettate di aver versato tangenti a funzionari locali, dalla statunitense Halliburton a Saipem, un’unità del gruppo italiano Eni: lo ha detto ieri ad Abuja il ministro della Giustizia Bello Adoke. Secondo il ministro, gli accordi sono stati sottoscritti nelle ultime settimane anche con la società tedesca Siemens, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la francese Technip. Il patteggiamento più significativo da un punto di vista economico riguarda la Halliburton che, insieme con alcune controllate, ha pagato una sanzione da 130 milioni di dollari. La società americana è sospettata di aver versato in modo illecito 180 milioni di dollari con l’obiettivo di aggiudicarsi la gara per la costruzione di un impianto del valore di sei miliardi a Bonny Island, nella regione petrolifera del Delta del Niger. In relazione alla vicenda, lo scorso anno Halliburton aveva già concordato negli Stati Uniti il pagamento di una multa da 579 milioni di dollari. Nei giorni scorsi un’intesa con il governo nigeriano è stata raggiunta anche Snamprogetti, l'unità di ingegneristica di Saipem, che ha pattuito una sanzione da 30 milioni di dollari. Gli illeciti contestati in Nigeria a Snamprogetti sono per altro al centro di un’inchiesta italiana. Secondo l’agenzia di stampa economica “Radiocor”, la decisione del giudice per le indagini preliminari della procura di Milano sull'eventuale rinvio a giudizio di cinque manager della società potrebbe arrivare il 12 gennaio. (MISNA)

Nigeria, scontri tra cristiani e islamici
Decine di morti e feriti a Jos. I testimoni: "Case in fiamme"
Natale di sangue in Nigeria, dove le tensioni tra cristiani e musulmani sono esplose di nuovo lasciando sul terreno decine di morti e due chiese sono finite nel mirino degli estremisti islamici.
Il giorno della vigilia, esplosioni a catena a Jos, nello stato centrale di Plateau, hanno provocato la morte di almeno 32 persone e il ferimento di altre 74. Altre sei persone sono invece rimaste uccise durante la messa di Natale in attacchi compiuti da presunti estremisti islamici contro due chiese a Maiduguri, nel nord-est del Paese. Una delle due chiese è stata data alle fiamme e tra le sei vittime c’è anche un sacerdote.
Dopo due giorni di terrore, oggi sono scoppiati nuovi scontri tra gruppi armati di cristiani e musulmani nei pressi della città di Jos. Per adesso il bilancio è limitato ad un morto, come riferito dalla polizia, mentre testimoni raccontano di aver visto decine di edifici dati alle fiamme e decine di feriti coperti di sangue trasportati d’urgenza negli ospedali della zona. «Ci sono stati alcuni tafferugli tra i due gruppi ma la situazione è sotto controllo ora», ha assicurato il commissario Abdulrahman Akano della polizia dello Stato di Plateau, mentre a Jos è arrivato oggi il vicepresidente Namadi Sambo, per tentare di sedare la crisi. Il bilancio totale dei morti dei tre giorni di sangue è comunque solo provvisorio.
La Croce Rossa ha fatto sapere infatti di non essere in grado di indicare il numero preciso delle vittime, ma ha fatto salire a 95 i feriti gravi ricoverati negli ospedali a seguito delle esplosioni della vigilia di Natale a Jos, nella cosiddetta ’Middle Belt’, già teatro di violenze interreligiose ed interetniche tra cristiani del sud e musulmani del nord che hanno causato centinaia di morti dall’inizio dell’anno. Gli attacchi contro le chiese nel Maiduguri, secondo quanto riferito dalla polizia locale, sarebbero invece opera del gruppo islamico Boko Haram, che lo scorso anno si è reso responsabile di vari atti di violenza religiosa nel nord della Nigeria ed è accusato di essere dietro ad una serie di attacchi avvenuti negli ultimi mesi. Carneficine e scontri preoccupano il governo e il presidente Goodluck Jonathan alla vigilia delle primarie del partito al potere (il Partito Democratico del Popolo) del prossimo 13 gennaio per le elezioni presidenziali.
Il patto che regge il partito vuole che la leadership ruoti ogni due mandati tra i musulmani del nord e i cristiani del sud. Jonathan è un uomo del sud cristiano, arrivato quest’anno al potere dopo la morte - durante il primo mandato - del presidente Umaru Yar’Adua (uomo del nord). Ora alcune fazioni del nord all’interno del partito contestano il diritto di Jonathan a ripresentarsi e hanno candidato un loro esponente, l’ex vice presidente Atiku Abubakar, per le primarie di gennaio. La paura di molti è che le tensioni finiscano per aumentare ancora nelle prossime settimane in vista del voto, alimentate anche dai politici delle opposte fazioni. Tensioni radicate peraltro in decenni di risentimenti che hanno motivi molte volte ben più "materiali" della religione. Se infatti cristiani, musulmani e animisti convivono fianco a fianco in pace in molte città nigeriane, nella Middle Belt si scontrano gli interessi per il controllo delle fertili terre della zona tra i gruppi indigeni di cristiani e animisti da una parte e i pastori nomadi musulmani di etnia Faluni del nord dall’altra.
LA STAMPA, 26/12/2010

NIGERIA 27/12/2010
JOS: RIMANE ALTA LA TENSIONE, VIOLENZE DI NATURA POLITICA NON RELIGIOSA
“Dietro le ultime violenze ci sono motivazioni politiche: gli autori degli attentati stanno cercando di destabilizzare lo stato centrale di Plateau in vista delle elezioni del 2011, e in qualche modo di colpire suo governatore, Jonah David, membro dello stesso partito del presidente Goodluck Jonathan” dice alla MISNA padre Maurice Henry, Superiore generale in Nigeria della Società Missioni Africane (Sma). La sua testimonianza conferma come dietro le ricorrenti violenze intercomunitarie che destabilizzano ciclicamente la regione, anche in quelle del fine settimana di Natale “sono in gioco interessi per il controllo del territorio, in questo caso in vista della prossima scadenza elettorale”. Il missionario, così come in passato hanno fatto politici e vescovi nigeriani, critica poi chi “per spiegare gli scontri, come fanno spesso media ed osservatori, insiste invece sulla matrice religiosa ed etnica, che, in violenze come quelle di Jos rappresenta solo un elemento marginale”. Secondo l’interlocutore della MISNA, a dimostrare che non si sia trattato di violenze prevalentemente di natura religiosa sarebbe anche il fatto che la maggior parte delle sette bombe scoppiate a Jos erano state collocate in luoghi pubblici frequentati da chiunque, cristiani come musulmani. Oggi il quotidiano nigeriano ‘Vanguard’ riferisce che a Jos la situazione è più calma anche se la tensione resta palpabile. Il dispiegamento di un maggior numero di soldati e agenti di polizia intervenuti in missione congiunta è riuscito per il momento a limitare le conseguenze umane di violenti scontri esplosi in più quartieri della città, soprattutto in quello di Unguwan Rukuba, con case incendiate e civili rifugiatisi in edifici pubblici. “La situazione è ora sotto controllo” ha detto il commissario di polizia dello stato di Plateau, Abdulrahman Akano. Secondo fonti di stampa internazionale almeno una persona è morta nelle violenze di domenica, presentate come frutto delle rappresaglie seguite agli ultimi attentati in serie, ma per fonti nigeriane le vittime potrebbero essere otto. Un bilancio che si aggiunge ai 38 morti e ai 74 feriti gravi negli attentati perpetrati venerdì a Jos, in luoghi pubblici e commerciali, e ai danni di due chiese nella località di Maiduguri, capitale dello stato di Borno (nord-est). Secondo le autorità locali, dietro l’attacco dei due edifici religiosi ci sarebbe la mano della setta Boko Haram, già responsabile di un’ondata di violenza l’anno scorso e da tempo nel mirino delle forze di sicurezza nigeriane. Unanime le condanne del governo centrale di Abuja impegnato a ristabilire la sicurezza dopo atti definiti “terroristici”, perpetrati da “nemici dello stato per continuare ad alimentare l’insicurezza a Jos” come ha detto Solomon Lar, ex-segretario del partito al potere, il Partito democratico del popolo (Pdp). “E’ deplorevole che la più importante festività dei cristiani, giorno dell’annuncio della pace sulla terra, sia stata interrotta da elementi che non condividono i valori della pace e della vita umana” ha aggiunto Lar, invitando le popolazioni alla calma e alla vigilanza, chiedendo al governo di “indagare per punire i colpevoli”. Le ricorrenti violenze nello stato centrale di Plateau – le ultime risalivano a Gennaio – rappresentano una “calamità naturale” secondo il sultano di Sokoto (nord della Nigeria), imputabile “al fallimento del governo nel trovare una soluzione duratura e definitiva al problema che non è affatto religioso” si legge ancora sul sito del quotidiano ‘Vanguard’. Sostegno al governo della Nigeria è arrivato dall’Unione Africana (UA) che ha condannato con forza gli attentati, riaffermando la determinazione dell’organizzazione a “combattere il terrorismo e a sostenere gli sforzi attuati legittimamente dai paesi membri”. (MISNA)

NIGERIA 28/12/2010
JOS: AUMENTA BILANCIO VITTIME ATTENTATI DI NATALE
È salito a 80 il numero di persone morte negli attentati avvenuti a Jos, capitale dello Stato di Plateau, nel centro della Nigeria, la vigilia di Natale e nelle violenze che ne sono seguite: lo si apprende da un nuovo bilancio diffuso dall’Agenzia nazionale per la gestione delle emergenze (Mema) citato oggi dai media nigeriani. Secondo il responsabile dell’agenzia, Al Hassan Danjuma Aliu, nel bilancio ufficiale sono stati conteggiati anche oltre un centinaio di feriti. Intanto la polizia ha fatto sapere di aver arrestato sei persone in relazione alle indagini per le violenze, i disordini e gli scontri seguiti agli attentati di Jos. Il capo della polizia locale ha precisato che gli arresti non riguardano le molteplici esplosioni che hanno scosso Jos il 24 Dicembre, ma le violenze che ne sono seguite e che hanno provocato la morte di almeno tre persone e il ferimento di decine. Nonostante sui media internazionali gli attentati di Jos siano stati raccontati come attacchi a sfondo religioso, con il passare dei giorni e i maggiori elementi che emergono dalle indagini la pista della politica locale viene sempre più confermata. Nella ricostruzione ufficiale dell’accaduto si precisa infatti che due delle bombe esplose sono deflagrate nei pressi di un grande mercato cittadino affollato di persone, la terza ha colpito un quartiere a predominanza cristiana della città e la quarta è esplosa sulla strada che conduce alla principale moschea cittadina. Gli attentati di Jos si sono verificati nello stesso giorno in cui esponenti di una setta, nota anche per alcune attività criminali, hanno attaccato due chiese nella città settentrionale di Maiduguri, uccidendo almeno sei persone. Jos e Maiduguri sono distanti oltre 500 chilometri e, al momento, solo i media internazionali hanno messo in relazione diretta i due avvenimenti. (MiSNA)

Sulla Nigeria soffia un vento di jihad
Jos, la capitale dello Stato di Plateau, è il cuore di tenebra della Nigeria: oltre duemila morti in un anno negli scontri etnici e religiosi e alla vigilia di Natale è arrivato puntuale un altro massacro con circa novanta morti tra i cristiani. Ma questa volta la violenza segna un'escalation preoccupante: dal machete si è passati agli esplosivi e alle autobomba con la rivendicazione degli attacchi da parte della setta islamica dei Boko Haram e del gruppo che si autodefinisce del "Popolo devoto al profeta per la propagazione della guerra santa", guidato da un imam oscuro ma pericoloso, Abu Bakr Muhammad Shekaku. Anche l'anno scorso i Boko Haram, una confraternita integralista già attiva nelle province dove si applica la sharia, la legge islamica, avevano rivendicato una rivolta con dozzine di vittime.
Soffia un vento di jihad in Nigeria, turbinoso e avvolgente come l'harmattan che nella stagione secca spazza le regioni settentrionali a maggioranza musulmana. Mentre il mondo occidentale guarda al referendum in Sudan e alla prossima secessione tra il nord islamico e il meridione cristiano e animista, la situazione diventa sempre più critica in Nigeria che sta attraversando la peggiore crisi politica degli ultimi anni.
«Siamo sull'orlo del precipizio», ha dichiarato recentemente il grande scrittore nigeriano Chinua Achebe. Questo è il "gigante dell'Africa": 150 milioni di abitanti, 200 gruppi etnici e tribali divisi circa a metà tra musulmani al nord e cristiani al sud, primo produttore di petrolio del continente con oltre 2,6 milioni di barili al giorno, il paradigma di un paese potenzialmente ricco dove il 70% vive sotto la soglia di povertà.
La guerra di Jos è causata dai contrasti tra gli hausa, di religione musulmana, e le popolazioni indigene come i Berom, in gran parte cristiane. Siamo comunque davanti a una crisi di lungo periodo: i primi scontri religiosi a Jos risalgono al 1953, ancora prima dell'indipendenza del '60. Violenze cicliche che si spiegano con il fatto che entrambe le comunità condividono gli stessi problemi: mancanza di sviluppo e di opportunità economiche, una frustrazione che tra i giovani disoccupati diventa spesso uno strumento in mano a politici senza scrupoli che orchestrano gli incidenti. E intanto la diffidenza tra le due comunità si è approfondisce: i musulmani si appellano alla solidarietà tra islamici, gli altri sostengono il governo e la polizia locali, composti in gran parte da cristiani.
L'escalation di violenza sta aumentando e coincide con l'avvicinarsi delle elezioni presidenziali di aprile, dove il presidente Goodluck Jonathan cerca una difficile riconferma. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha condannato le stragi facendo appello all'intervento del governo e dalla capitale Abuja il presidente ha promesso di fare giustizia. Ma Goodluck esita a prendere misure drastiche per non alienarsi, in vista delle elezioni, il sostegno di gruppi di potere importanti. Goodluck, il cui nome per uno strano gioco del destino significa buona fortuna, è un cristiano del sud: è un personaggio pittoresco, che si presenta con un borsalino in testa, ma è anche un abile manovratore di consensi che è riuscito a prendere il potere sostituendosi al deceduto presidente Umaru Yar'Adua i cui sostenitori però contestano la sua ascesa. Era prevedibile che in frangenti come questi i musulmani, spontaneamente o aizzati, entrassero in fibrillazione.
La Nigeria è un caso esemplare dove la politica sfrutta la religione, in un intreccio esplosivo tra questioni etniche e confessionali. Ma la vera posta in gioco degli scontri tribali e religiosi è la spartizione delle ricchezze petrolifere racchiuse soprattutto nel Delta del Niger dove agisce da anni la guerriglia. In Nigeria il petrolio rappresenta il 98% delle esportazioni,l'80% delle entrate statali, il 90% delle riserve in valuta estera. Dagli anni Cinquanta a oggi lo stato avrebbe incassato 600 miliardi di dollari, inghiottiti dall'élite al potere che ha privilegiato il nord. Non è sorprendente che in questa situazione i gruppi rivali, tra cui i generali, come l'ex presidente Babangida, sempre all'ombra del potere, abbiano cominciato a fare leva sulla religione e sui gruppi islamici integralisti.
IL SOLE24ORE, 29/12/2010

NIGERIA 29/12/2010
JOS: VIOLENZE, CRISTIANI E MUSULMANI ACCUSANO I POLITICI
“Ci sono alcuni uomini politici che non vogliono le elezioni e che, per i loro affari personali, preferiscono che la Nigeria sia una nazione ingovernabile”: lo hanno detto ieri, in una conferenza stampa congiunta, i due principali rappresentanti delle comunità cristiane e musulmane nigeriane facendo riferimento agli attentati e alle successive violenze avvenute nella città di Jos, capitale dello stato centrale del Plateau, e agli attacchi compiuti lo stesso giorno contro due chiese evangeliche a Maiduguri, 500 chilometri più a nord. Parlando ai cronisti il Sultano di Sokoto, guida di tutti i musulmani nigeriani e presidente del Consiglio supremo nigeriano per gli Affari islamici, Alhaji Muhammad Saád Abubakar, e il presidente dell’Associazione dei cristiani nigeriani (Can), il pastore pentecostale Ayodele Oritsejafor, hanno ancora una volta ribadito come le violenze che ciclicamente colpiscono alcune zone della Nigeria e che vengono dipinte dai media come legate ad antagonismi religiosi tra cristiani e musulmani ben poco abbiano a che fare con la fede dei nigeriani. “Alcuni politici conoscono bene le debolezze della nostra gente. Sanno molto bene come manipolare ciò in cui credono e sanno sfruttare la loro ignoranza o povertà. E conoscono molto bene anche in quali parti del paese la gente reagisce con più facilità a determinati stimoli” hanno detto i due, i quali hanno anche evidenziato le responsabilità del governo, sottolineando come se si fosse indagato meglio su analoghi episodi avvenuti in passato incidenti come quelli dei giorni scorsi si sarebbero potuti prevenire. “La Nigeria, sia il governo che la sua gente, ha la volontà politica e sociale di risolvere questo problema” hanno detto il presidente dell’associazione dei cristiani nigeriani e il Sultano di Sokoto invitando tutti i religiosi del paese a dare il via, tanto nelle chiese quanto nelle moschee, a giornate di preghiera per la pace. I due esponenti religiosi, così come le autorità di polizia, hanno poi giudicato non credibile la rivendicazione sia degli attentati di Jos che degli attacchi di Maiduguri pubblicata Lunedì su un sito internet nigeriano da un gruppo finora sconosciuto, Jama'atu Ahlus-Sunnah Lidda'Awatu Wal Jihad. (MISNA)

NIGERIA 30/12/2010
A MAIDUGURI NUOVI ATTACCHI ATTRIBUITI A ‘BOKO HARAM’
Presunti appartenenti alla setta radicale di ‘Boko Haram’ hanno ucciso otto persone, tra cui tre poliziotti, nel corso di cinque attacchi avvenuti nella città di Maiduguri (capitale dello Stato di Borno), nel nord della Nigeria. Lo hanno riferito fonti dell’esercito citate da diversi mezzi di informazione. Gli attacchi seguono episodi analoghi avvenuti ieri che erano costati la vita ad altre tre persone. Contro Boko Haram si era mosso lo scorso anno l’esercito intervenendo in diverse zone del paese e con un bilancio mai veramente chiaro di centinaia di vittime. I nuovi episodi arrivano in concomitanza con un irrigidimento delle misure di sicurezza decise dalle autorità federali in seguito a scontri e aggressioni avvenuti la vigilia di Natale a Jos, capitale dello Stato di Plateau, che secondo stime correnti hanno causato un bilancio di 80 morti e 176 feriti. Anche in questo caso, le autorità nigeriane sospettano il coinvolgimento di membri della setta Boko Haram’. (MISNA)

NIGERIA 31/12/2010
JOS: SERIE DI ATTACCHI ARMATI CONTRO VILLAGGI RURALI
Sono almeno sette le persone uccise in una serie di attacchi lanciati negli ultimi giorni contro alcuni villaggi rurali alla periferia di Jos, capitale dello stato centrale nigeriano di Plateau. Lo riferiscono alla MISNA fonti missionarie, precisando che l’area interessata dalle violenze è quella di Jom, 20 chilometri circa a sud di Jos. Secondo le informazioni raccolte, nell’ultima settimana gruppi di giovani armati appartenenti alla comunità dei Fulani (pastori nomadi) hanno attaccato almeno tre differenti villaggi della zona per rubare il bestiame delle popolazioni, uccidendo almeno sette persone e ferendone un numero ancora imprecisato. “Queste violenze non sono direttamente collegate agli attentati della vigilia di Natale e ai disordini che ne sono seguiti, ma rientrano nella ‘normale’ attività dei Fulani” spiega alla MISNA padre Maurice Henry, Superiore generale in Nigeria della Società Missioni Africane (Sma). Pur in assenza di un collegamento diretto, i Fulani sembrano aver approfittato di quanto recentemente avvenuto a Jos. La concentrazione delle forze di sicurezza sulla città (teatro la settimana scorsa di una serie di attentati costati la vita a oltre 80 persone) e lungo le principali strade della zona, infatti, ha lasciato le aree rurali sguarnite e prive di sicurezza. (MISNA)

NIGERIA 31/12/2010
DECINE DI ARRESTI DOPO ATTACCHI DI MAIDUGURI
Sono almeno 92 le persone arrestate dalla polizia nigeriana in relazione agli attacchi contro civili e polizia avvenuti negli ultimi giorni a Maidugur, capitale dello Stato di Borno, nel nord della Nigeria. La notizia è stata riferita dall’agenzia di stampa francese ‘Afp’ che ha citato fonti della polizia locale. Secondo gli inquirenti gli uomini arrestati farebbero parte della setta radicale di ‘Boko Haram’ cui viene attribuita l’ultima ondata di violenze che ha interessato anche la città di Jos, capitale dello Stato di Plateau. Con l’obiettivo di favorire una risposta coesa da parte della società nigeriana a queste forme di violenza, il presidente Goodluck Jonathan ieri ha incontrato ad Abuja diversi esponenti religiosi musulmani. Con la stessa ottica, come riferisce il quotidiano ‘The Vanguard’, un incontro di altri 80 leader religiosi, cristiani e musulmani, si è tenuto a Lagos negli uffici centrali della polizia per ribadire l’impegno della società civile e del mondo religioso a evitare che estremismi e azioni di piccoli gruppi possano compromettere la pacifica convivenza all’interno del paese. (MISNA)


Siasia takes charge of Nigeria's Super Eagles
Samson Siasia has signed a four-year deal to coach Nigeria at a ceremony in the capital, Abuja.
But his contract with the Nigerian Football Federation (NFF) is subject to review after the first two years.
His first aim is to earn a place at the 2012 Africa Cup of Nations, according to NFF President Aminu Maigari.
"Our football is in the emergency ward but we have a coach that is capable of pulling the Super Eagles out of this troubling situation," Maigari said.
"His contract is performance rewarding - he will get bonuses and benefits based on the performance of the team.
"We expect him [Siasia] to hit the ground running as expectations are high. He is the people's choice and with the collective support of everyone, we can all achieve success."
The 43-year-old former Super Eagles striker was chosen ahead of Stephen Keshi by the NFF last month and will start work immediately.
The coach, who has worked with Nigeria's under-20 and Olympic teams, said he was delighted to have landed his dream job.
"I feel elated that finally a dream has come true - I thank the fans, the media and the NFF," he said.
"But most importantly [I thank] the players, if it wasn't for the players I wouldn't be here. I promise to do everything humanly possible to make sure these eagles fly again. - the next time you see these Eagles, they will be a different team."
And he was promised that there would be no government interference in the running of his team, according to the Director-General of the National Sports Commission, Patrick Ekeji.
"Government will not interfere with the coaching choice or the way football should be handled - we can advise but not intervene," Mr Ekeji said.
BBC SPORT, 1/12/2010

Dick Cheney faces bribery scandal charges in Nigeria
Nigeria's anti-corruption agency is to charge former US Vice-President Dick Cheney over a bribery scandal that involves a former subsidiary of energy firm Halliburton.
The case centres on engineering firm KBR, which admitted bribing officials.
A lawyer for Mr Cheney said allegations he was involved in the scandal were "entirely baseless".
Mr Cheney was Halliburton's chief executive before becoming vice-president to George W Bush in 2001.
A spokesman for the anti-corruption agency, Femi Babafemi, said the charges were likely to be brought against Mr Cheney next week.
Mr Babafemi said the charges were "not unconnected to his role as the chief executive of Halliburton".
KBR last year pleaded guilty to paying $180m (£115m) in bribes to Nigerian officials prior to 2007, when it was a subsidiary of Halliburton. The firm agreed to pay $579m (£372m) in fines related to the case in the US.
But Nigeria, along with France and Switzerland, has conducted its own investigations into the case.
Mr Cheney's lawyer, Terence O'Donnell, said US investigators had "found no suggestion of any impropriety by Dick Cheney in his role of CEO of Halliburton".
"Any suggestion of misconduct on his part, made now, years later, is entirely baseless," Mr O'Donnell said.

Office raid
The bribes concerned the construction of a liquefied natural gas (LNG) plant in southern Nigeria.
KBR and Halliburton have now split, and Halliburton says it is not connected with the case against KBR.
Halliburton denies involvement in the allegations.
It has complained that a raid on its office last week by Economic and Financial Crimes Commission officials was "an affront against justice".
Ten people were detained for questioning and later released.
A prosecutor quoted by the Agence France-Presse news agency said those charged would include former and current leaders of Halliburton and officials from firms in a consortium involved in the LNG plant.
Nigeria is a member of the oil cartel Opec and is one of the world's biggest oil exporters.
BBC, 2/12/2010

Nigeria voter registration kit stolen at airport
The theft of voter registration kit raises questions about security at Nigeria's main international airport
Armed robbers have stolen new voter registration equipment in a heist at Nigeria's main international airport.
An electoral commission spokesman said laptops and cameras were among items taken shortly after they arrived at Lagos's Murtala Muhammed airport.
The equipment was to have been used to register Nigeria's estimated 70 million voters before elections next year.
Commission spokesman Kayode Idowu said the theft would not substantially affect these plans.
The Nigerian authorities have promised to hold free and fair parliamentary and presidential elections in April.
In order to do so, former voter registration lists were discarded after complaints that many of the people named on the lists were fictitious or dead.
The commission signed contracts worth more than $230m (£145m) to buy the voter registration technology.
It is not known how much equipment was stolen in the robbery but Mr Idowu told Associated Press: "It is not as if it has derailed the program."
The incident also raises questions about security at Murtala Muhammed airport.
It was from this airport that Umar Farouk Abdulmutallab started his journey to Detroit in December 2009 - armed with explosives hidden underneath his clothes.
BBC, 9/12/2010

WikiLeaks cables: Shell's grip on Nigerian state revealed
US embassy cables reveal top executive's claims that company 'knows everything' about key decisions in government ministries
The oil giant Shell claimed it had inserted staff into all the main ministries of the Nigerian government, giving it access to politicians' every move in the oil-rich Niger Delta, according to a leaked US diplomatic cable.
The company's top executive in Nigeria told US diplomats that Shell had seconded employees to every relevant department and so knew "everything that was being done in those ministries". She boasted that the Nigerian government had "forgotten" about the extent of Shell's infiltration and was unaware of how much the company knew about its deliberations.
The cache of secret dispatches from Washington's embassies in Africa also revealed that the Anglo-Dutch oil firm swapped intelligence with the US, in one case providing US diplomats with the names of Nigerian politicians it suspected of supporting militant activity, and requesting information from the US on whether the militants had acquired anti-aircraft missiles.

Other cables released tonight reveal:
• US diplomats' fear that Kenya could erupt in violence worse than that experienced after the 2008 election unless rampant government corruption is tackled.
• America asked Uganda to let it know if its army intended to commit war crimes based on US intelligence – but did not try to prevent war crimes taking place.
• Washington's ambassador to the troubled African state of Eritrea described its president, Isaias Afwerki, as a cruel "unhinged dictator" whose regime was "one bullet away from implosion".

The latest revelations came on a day that saw hackers sympathetic to WikiLeaks target MasterCard and Visa over their decision to block payments to the whistleblowers' website.
The website's founder, Julian Assange, spent a second night in jail after a judge refused him bail prior to an extradition hearing to face questioning over sexual assault charges in Sweden.
Campaigners tonight said the revelation about Shell in Nigeria demonstrated the tangled links between the oil firm and politicians in the country where, despite billions of dollars in oil revenue, 70% of people live below the poverty line.
Cables from Nigeria show how Ann Pickard, then Shell's vice-president for sub-Saharan Africa, sought to share intelligence with the US government on militant activity and business competition in the contested Niger Delta – and how, with some prescience, she seemed reluctant to open up because of a suspicion the US government was "leaky".
But that did not prevent Pickard disclosing the company's reach into the Nigerian government when she met US ambassador Robin Renee Sanders, as recorded in a confidential memo from the US embassy in Abuja on 20 October 2009.
At the meeting, Pickard related how the company had obtained a letter showing that the Nigerian government had invited bids for oil concessions from China. She said the minister of state for petroleum resources, Odein Ajumogobia, had denied the letter had been sent but Shell knew similar correspondence had taken place with China and Russia.
The ambassador reported: "She said the GON [government of Nigeria] had forgotten that Shell had seconded people to all the relevant ministries and that Shell consequently had access to everything that was being done in those ministries."
Nigeria is Africa's leading oil producer and the eighth biggest exporter in the world, accounting for 8% of US oil imports. Although a recent UN report largely exonerated the company, critics accuse Shell, the biggest operator in the delta, and other companies, of causing widespread pollution and environmental damage in the region. Militant groups engaged in hostage-taking and sabotage have proliferated.
The WikiLeaks disclosure was today seized on by campaigners as evidence of Shell's vice-like grip on the country's oil wealth. "Shell and the government of Nigeria are two sides of the same coin," said Celestine AkpoBari, of Social Action Nigeria. "Shell is everywhere. They have an eye and an ear in every ministry of Nigeria. They have people on the payroll in every community, which is why they get away with everything. They are more powerful than the Nigerian government."
The criticism was echoed by Ben Amunwa of the London-based oil watchdog Platform. "Shell claims to have nothing to do with Nigerian politics," he said. "In reality, Shell works deep inside the system, and has long exploited political channels in Nigeria to its own advantage."
Nigeria tonight strenuously denied the claim. Levi Ajuonoma, a spokesman for the state-owned Nigerian National Petroleum Corporation, said: "Shell does not control the government of Nigeria and has never controlled the government of Nigeria. This cable is the mere interpretation of one individual. It is absolutely untrue, an absolute falsehood and utterly misleading. It is an attempt to demean the government and we will not stand for that. I don't think anybody will lose sleep over it."
Another cable released today, from the US consulate in Lagos and dated 19 September 2008, claims that Pickard told US diplomats that two named regional politicians were behind unrest in the Rivers state. She also asked if the American diplomats had any intelligence on shipments of surface to air missiles (SAMs) to militants in the Niger Delta.
"She claimed Shell has 'intelligence' that one to three SAMs may have been shipped to Nigerian militant groups, although she seemed somewhat sceptical of that information and wondered if such sensitive systems would last long in the harsh environment of the Niger Delta," the cable said.
Pickard also said Shell had learned from the British government details of Russian energy company Gazprom's ambitions to enter the Nigerian market. In June last year, Gazprom signed a $2.5bn (£1.5bn) deal with the Nigerian National Petroleum Corporation to build refineries, pipelines and gas power stations.
Shell put a request to the US consulate for potentially sensitive intelligence about Gazprom, a possible rival, which she said had secured a promise from the Nigerian government of access to 17trn cubic feet of natural gas – roughly a tenth of Nigeria's entire reserves. "Pickard said that amount of gas was only available if the GON were to take concessions currently assigned to other oil companies and give them to Gazprom. She assumed Shell would be the GON's prime target." Pickard alleged that a conversation with a Nigerian government minister had been secretly recorded by the Russians. Shortly after the meeting in the minister's office she received a verbatim transcript of the meeting "from Russia", according to the memo.
The cable concludes with the observation that the oil executive had tended to be guarded in discussion with US officials. "Pickard has repeatedly told us she does not like to talk to USG [US government] officials because the USG is 'leaky'." She may be concerned that ... bad news about Shell's Nigerian operations will leak out."
Shell declined to comment on the allegations, saying: "You are seeking our views on a leaked cable allegedly containing information about a private conversation involving a Shell representative, but have declined to share this cable or to permit us sufficient time to obtain information from the person you say took part in the conversation on the part of Shell. In view of this, we cannot comment on the alleged contents of the cable, including the correctness or incorrectness of any statements you say it contains."
Guardian.co.uk, 8 December 2010

Is coaching Nigeria the hardest job in world football?
Countless international managers would claim to have the toughest job in the world game but could new Nigeria coach Samson Siasia find he holds that dubious distinction?
England managers past and present may think their high-pressurised life is intolerable but Super Eagles coaches have it just as bad, if not worse - leading a nation whose fans, like Brazilians, (and president) tend to see anything other than a tournament victory as failure.
"Managing Nigeria is an uphill task," says Sunday Oliseh, who played alongside Siasia as Nigeria won the 1994 Nations Cup before shining at USA' 94.
"You have to look at the magnitude of the pressure through our population. We are a nation of 150 million and everyone loves football, so you have to succeed."
As if to prove his point, Oliseh claims fans' expectations have lowered in recent times but then states that Siasia's only hope of completing his four-year deal is by reaching the 2012 Nations Cup final "because it's been 10 years since we finished second in Africa".
The Super Eagles have recorded several third-place finishes in that time but 1994, when their Fifa ranking peaked at fifth (currently 33rd), remains their last African crown. This year's disappointing World Cup, where they failed to win a match and finished bottom of Group B, means Nigeria will be chasing their first group win in nearly two decades should they compete at Brazil 2014.
But Siasia's challenge is not just Herculean because of insane pressure (many fans genuinely thought they would win the World Cup) but also the number of areas that need improvement if he's to restore life to a national game which even Nigeria's federation (NFF) says is 'in the emergency ward'.
Vital organs have indeed been failing - not least inadequate support from an adminstratively-poor NFF, undue pressure from various powers for the coach to select certain players as well as a squad whose commitment has been questioned. All this has often infuriated the fans.
Then there's the added problem of Nigeria's top footballers enjoying near-godlike status, meaning Siasia needs to tame some sizeable egos.
The former striker has already endured run-ins with John Mikel Obi, Taye Taiwo, Peter Osaze Odemwingie and Victor Anichebe along the way to reaching the 2005 Fifa U20 World Cup and 2008 Olympic finals.
Furthermore, his new charges - Odemwingie aside - are widely seen to exert more effort for their clubs than for Nigeria, and it's not just the fans making such claims.
"We want our players playing like they do at their clubs - because if they come here and play something else, we'll find someone else," Siasia, 43, said during his unveiling.
This may be music to the ears of many Nigerian fans but it's one thing to talk tough, another to exercise hard-line policies while trying to win matches under pressure - and the Super Eagles currently trail Guinea in their 2012 Nations Cup qualifying group.
Siasia played his international football under the man widely credited with changing the face of Nigerian football. Dutchman Clemens Westerhof may have been a character but he was also no-nonsense, eschewing talented players who didn't use their skills for the benefit of the team - as a young Jay-Jay Okocha soon discovered.
Westerhof's strict discipline kept players on their toes to such extent that they fretted about their place should they arrive late for international camps, a far cry from the current attitude.
"If our players are not disciplined, we will not move forward," says Oliseh.
Westerhof's inspired tutelage sparked Nigeria's 1994 Nations Cup win as well as their maiden World Cup appearance later that year, followed - as coach Jo Bonfrere rode his slipstream - by a historic gold at the 1996 Olympics.
"Another problem is that Samson's team will constantly be compared to those of the 1990s," adds Oliseh.
Yet Siasia, who played for French-side Nantes during his career, would do well to point this out - for the key is that Westerhof was given nearly six years in his role, allowed to build bit by bit as the Dutchman finished his masterpiece.
Nonetheless, the new coach, who favours free-flowing football, will find time the rarest of luxuries, with no Nigerian having ever lasted longer than three years in the post.
"Give me 2-3 years to put together a team that can play the way Nigerians want - offensive-minded, hard-working, using the wings properly and being tactically disciplined," he told the media last week.
His ambitious overhaul includes screening the country's youth before selecting the best to work under his system (so that they're ready when forced to step up), undoubtedly curtailing the careers of several old-timers (e.g. Yakubu) while also hunting new talent - such as trying to persuade Sunderland's Nedum Onuoha to choose Nigeria rather than England.
But Siasia has to rebuild while not just winning but doing so with conviction and good football: for lest we forget, the last Nigerian to coach the Super Eagles won his first six qualifiers but still came under enormous criticism for his style of play.
Shaibu Amodu also achieved all the aims set him by the Nigerian federation - qualifying for the World Cup and reaching the semis of Angola 2010 - but was still sacked nonetheless.
Siasia has been tasked with reaching the next World Cup semi-finals but the NFF has upped the ante by saying he'll only be in Brazil if he wins the 2012 Nations Cup.
Or then again, bearing Amodu in mind, even that's not guaranteed.
BBC SPORT 10/12/2010

Nigeria army kills 'kidnap gang leader' in Abia state
The alleged leader of several notorious kidnapping gangs in Nigeria's Abia state has been killed, its army says.
Army spokesman Sagir Musa said a joint military task force had shot dead Obioma Nwankwo, also known as Osisikankwu, in a forest gun battle.
Nwankwo had been wanted for some months after an increase of kidnapping and robberies in the area.
Correspondents say people began celebrating in the main town of Aba when they heard news of his death.
Hostage-taking has become so bad in the south-eastern state that many middle-class Nigerians travel with armed escorts.
Hostages tend to be released unharmed after a ransom is paid.
A joint military task force was deployed to the state in September to restore order at the height of the violence when many businesses were forced to close and some children were abducted from their school bus.
The children were later released after a military operation.
According to Nigeria's Vanguard newspaper, Nwankwo had said in an interview last month that he had turned to militancy to protest against police abuses and extortion.
"We became militants because of the failure of government to live up to its responsibilities towards us. Many of us are graduates. Some are university drop-outs, who could not continue for want of fund or sponsors. There are secondary school leavers without a future in school or jobs," he told the paper.
Abia state is on the fringes of the Niger Delta, where gunmen target oil workers for a ransom.
BBC, 13/12/2010

Nigeria ex-governor James Ibori faces extradition to UK
Dubai's highest court has ruled that former Nigerian state governor James Ibori can be extradited to the UK to face corruption charges.
He is accused by Nigeria's anti-corruption agency of stealing more than $290m (£196m) of state funds while in office in the oil-rich Delta state.
British investigators say he channelled much of the money into banks in the UK.
Mr Ibori, who denies the charges, was detained in May after the intervention of the global police agency Interpol.
A month before he arrived in the Gulf emirate, a group of his supporters attacked police and prevented them from arresting him in his home town.
The Dubai Court of Cassation ruled that there were no grounds to block the extradition.
In 2007 a London court froze UK assets worth $35m allegedly belonging to him. His annual salary was less than $25,000.
He had already left the UK when his assets were seized.
Mr Ibori, who is a senior figure in Nigeria's ruling People's Democratic Party (PDP), was first arrested in Nigeria in December 2007.
Two years later, a court in Asaba cleared him of 170 charges of corruption, saying there was no clear evidence to convict, sparking the anger of Nigeria's anti-corruption agency, the Economic and Financial Crimes Commission (EFCC).
Under Nigeria's federal system, state governors enjoy wide powers.
Those running oil-rich states have budgets larger than those of some African countries.
They enjoy immunity from prosecution while in power, but several have faced corruption charges since leaving office after the last election in 2007.
BBC, 13/12/2010

Goodluck Jonathan gets boost to Nigeria election bid
A group of Nigeria's powerful governors have said they will back President Goodluck Jonathan for next year's elections - seen as a major boost to his campaign.
Half of the 36 governors backed Mr Jonathan's bid to be selected as the ruling party's candidate.
Whoever wins the PDP nomination will be the favourite for the April 2011 poll.
Mr Jonathan, a southerner, is opposed by some in the PDP, who say the party should choose a northerner.
The PDP (People's Democratic Party) has a tradition of alternating power between north and south every two elections, meaning a northerner would normally stand in 2011.
Several northern powerbrokers have backed the campaign of former Vice-President Atiku Abubakar, a northerner, to be the PDP candidate.

'Principle of incumbency'
At an emergency meeting in the capital, Abuja, 18 governors and two deputies said they would support Mr Jonathan in PDP primaries on 13 January 2011.
"Democratic systems all over the world recognise the principle of incumbency and continuity," said Ibrahim Shema, governor of the northern state of Katsina, reports the Reuters news agency.
They did, however, say he should seek only one term.
The chairman of the governors' forum, Bukola Saraki, also later dissociated himself from their position, saying he would support a candidate from the north.
The PDP has 26 of Nigeria's 36 state governors and, in the party's structures, they wield considerable power.
In previous primaries, they have instructed delegates from their states how to vote.
So the BBC's Bashir Saad Abdullahi in Abuja says their announcement is a significant boost for Mr Jonathan.
But he says that if state delegates vote independently, rather than how governors tell them, Mr Abubakar could still secure the party's nomination.
Mr Jonathan became president in February after the death of Umaru Yar'Adua, a northerner.
He is the first president from Nigeria's southern, oil-producing Delta region.
Nigeria's recent elections have been tarnished by fraud and violence.
Mr Jonathan has promised to introduce electoral reforms, but correspondents say it will be difficult to implement radical changes before April.
The main opposition candidates are former anti-corruption campaigner Nuhu Ribadu and Gen Muhammadu Buhari.
BBC, 17/12/2010

Are Nigeria's musicians selling out?
As Nigeria's election jamboree returns - with candidates splashing money on billboards, TV commercials and rallies - it is the willingness of musicians to be mobilised in their support that is causing some singers to wince.
Some of the country's best-loved artists - D'banj, Onyenka Onwenu, Zaaki Azzay, TwoShotz - are all singing their support for President Goodluck Jonathan.
But not everyone is dancing.
Afrobeat singer Seun Kuti is disgusted.
"Traitor," he says, angrily.
"Anybody using their music to support Nigerian politicians is a traitor - first to music, and secondly to the country."
While billions of oil dollars vanish into the private bank accounts of Nigeria's political elite every month, over 70% of Nigerians struggle to exist on less than a dollar a day.
Since the end of military rule, the governing People's Democratic Party (PDP) has won every election amid reports of voter intimidation, allegations of ballot-stuffing and street violence.
The next presidential elections have been set for 9 April 2011 and campaigning is well underway.

'Not about money'
"Music is one of the foremost weapons that is supposed to emancipate this continent," says Kuti.
"When I now see it being used for oppression, used against the people, it is totally wrong."
Nigeria's powerful tradition of musical struggle is offended.
The era of Afrobeat saw Fela Kuti - Seun Kuti's father - enrage and defy the generals of successive military regimes with his revolutionary fusion of jazz, highlife and funk.
Prophetic lyrics mocked the greed of politicians, attacked police violence and defied brutal censorship to tell Nigeria's story.
Olubankole Wellington - better known as Banky W, one of Nigeria's biggest stars - pulls a face, as he talks about an offer he received.
"I was offered the most amount of money I have ever been offered, by one of the presidential candidates," he says, looking astonished.
He declined.
"I just could not go to sleep at night if I support this man," he says, shaking his head.
"It's important for us that have a public voice to try to steer the country to where we think it should be, otherwise we're going to face the same problems, in 20 years' time, because no-one spoke up for the country at the time."
Most of the artists releasing campaign songs declined to speak publicly about the deals they had signed with politicians.
The manager of the singer TwoShotz told the BBC that their song was aimed at encouraging Nigerians.
"We hoped our song would send a message, to encourage people to go out and vote," he said.
Another musician, Zaaki Azzay, who has recorded a song for President Jonathan has denied receiving any payment for his endorsement.
"It is not about money. I support Mr Jonathan's policies and the change I believe he can offer," he says.

Power
"A lot of experts think the youths don't come out to vote, but these artists have a very huge fan base," says Abidemi Dairo, a 24-year-old music writer in Lagos.
"If Goodluck Jonathan can reach out to them, he stands a really good chance of winning," he believes.
The last time artists were mobilised like this, in mass support of politicians, was over 10 years ago.
General Sani Abacha's "two million man march" featured entertainers and comedians who were paid for their endorsement.
In spite of protests that they had performed under duress, many of those filmed taking part in the spectacle suffered serious damage to their careers, never regaining their credibility.
In a country where the average age is 19, most Nigerians - certainly many of those dancing in the nightclubs - are too young to remember this period.
It is clear that politicians are acutely aware of Nigeria's huge youth population and are desperate to tap into the adulation successful hip-hop artists, singers and rappers enjoy.
But whether a catchy song will change the way they vote is another question.
BBC, 20/12/2010

Nigeria grants bail to Iranian held over arms shipment
A court in Nigeria has granted bail to an Iranian man charged with arms trafficking after an illegal shipment of weapons was intercepted in October.
Judge Ishaq Bello of the high court in the capital, Abuja, set the amount at 20m naira ($131,150; £84,940).
Azim Aghajani, identified by court documents as a Tehran-based businessman and member of Iran's Revolutionary Guards Corps, says he is not guilty.
Three Nigerians have also been charged in connection with the incident.
The weapons, which included rockets, shells, mortars, grenades and ammunition hidden among building materials, were found on a ship docked at seaport of Apapa, in Lagos.
Nigeria reported the seizure to the UN Security Council for an apparent breach of sanctions relating to Iran's nuclear programme.
Prosecutors later said Mr Aghajani was attempting to send them to The Gambia, which recalled its ambassador to Iran last month.
Senegal also cut diplomatic ties with Iran last week amid speculation the shipment was ultimately destined for its southern region of Casamance, where a low-level separatist rebellion simmers despite a peace deal.
The Iranian government has said only that the shipment belonged to a private company and was being sent to a "West African country".
In his ruling on Tuesday, Judge Bello said Mr Aghajani's bail application had not been opposed because recent "gestures" by the Iranian embassy in Abuja had "gone down well with the state".
He said the Iranian would next be in court on 31 January.
BBC, 24/12/2010

Nigerian sex slave rescue from Mali 'fails'
A senior Nigerian official says plans to rescue thousands of victims of sex trafficking have failed.
Investigators went to Mali earlier this year and estimated that at least 20,000 Nigerian teenagers and women had been smuggled there and forced into prostitution.
A joint operation was then launched with Malian authorities to rescue the women.
But Nigerian officials say they have not had enough co-operation from Mali.
The authorities in Mali have refused to comment on the criticism.

Yemisi's story
"I feel like committing suicide when I remember," says Yemisi Ogoda about her journey which ended in Mali.
She was handed to a gang who demanded she repay debts for her travel.
After being beaten and locked up without food for two days, the young Nigerian agreed to work as a prostitute to try to pay the debt.
"They said they would kill me if I did not do it. Nobody will know about it, they will just kill me there, no-one will know," she adds.
She fell pregnant, and was coerced into an abortion. The attempt failed, and, visibly pregnant, she was sold on to another gang, only managing to flee when she was left unsupervised to bathe.
Ms Ogoda survived by begging in the streets until she managed to contact her family.

'Trolley boys'
The network of migration routes that criss-cross West Africa are known to police as a "hot graveyard for migrants", because the number who die on the way is so great.
So-called "trolley-boys" - the trafficking middle-men - run "the relay race", passing their human cargo onwards, with promises of jobs in hairdressing and supermarkets.
The true nature of the "job" is revealed later.
After receiving reports of sexual slavery from aid workers and clergy, Nigerian officials went to Mali to investigate earlier this year.
They said were "nauseated" by what they had seen: Brothels with cubicles in which young Nigerian women, many in their mid-teens, serviced as many as 20 or 30 clients a night, in order to pay off debts incurred to the "trolley-men".
"It is clear it is not consensual," says Arinze Orakwue of Nigeria's National Agency for the Prohibition of Traffic in Persons (Naptip). "They have no freedom of movement. They are not allowed to go outside with you, or even to make a phone call."
Naptip's hard-hitting findings, published on 29 September, also warned of what officials described as "slave camps" in Mali's north - brothels in the gold-mining towns of Kayes and Mopti.
Photographs seen by the BBC reveal precise locations and buildings examined by the team.

'Foreign racket'
The findings were given to Malian police and Operation Timbuktu was launched.
"Operation Timbuktu will be executed with the Malian authorities, to free the girls and ensure their safe return to Nigeria," Simon Chuzi Egede, executive secretary of Naptip, said at the time.
Months later, nothing has happened, and the trafficked teenagers and women remain in the hands of criminal gangs in Mali.
"All of us have failed," says Mr Orakwue, an assistant director of intelligence and communications at Naptip.
"The first thing that is preventing their return is support from the Malian authorities," he says.
"What we want Mali to do is say: 'Nigeria, come! We will support you to strike, to engage in law enforcement action, to get the girls back.'"
Naptip officials say that despite assurances of cooperation from Mali, attempts at communication with the Mali police are being ignored.
It is clear that Operation Timbuktu is beset by difficulties: A lack of French-speakers in Nigeria's police able to communicate with Malian officials, slow bureaucracies, and little political interest in the fate of the victims.
Officials say to make headway, they need wholehearted support from Mali.
"There is a perception that it is a Nigerian problem," says one officer. "These are Nigerian women, controlled by Nigerian gangs. So they see it as a foreign racket. But the customers are in Mali."
Mali is a signatory to the UN Palermo Protocol on people trafficking, as well as the UN Convention on Transnational Organized Crime of 2000.
"Definitely, I want to see diplomatic pressure on Mali," insists Mr Orakwue. "It is an emergency."

Logistical issues
Naptip estimate the number of women trapped in Mali to be anywhere between 20,000 and 40,000. Other estimates - from local charities - suggest a lower figure, in the thousands.
Whatever the number, the idea of raiding brothels and mounting a large-scale repatriation of thousands of people across five West African countries poses serious logistical and financial difficulties for Naptip.
To get started, the agency will need wider support. Officers are impatient to begin work.
"We've got visuals, where these girls are located," says Mr Orakwue.
"And we're here, not doing anything about it," he says. "We're just sitting here, talking."
BBC, 23/12/2010

Christmas bombings kill many near Jos, Nigeria
At least 32 people have been killed in bomb blasts in central Nigeria.
The bombs were detonated during Christmas Eve celebrations near the city of Jos. No group has said it carried out the attacks.
The blasts happened in an area that has seen up to 1,000 people killed this year in sectarian clashes.
In a separate development, at least six people have died in attacks on churches by suspected Islamists in the north-eastern city of Maiduguri.
Gregory Yenlong, a spokesman for Nigeria's Plateau state, said there had been long-standing threats against the region's Christian community.
"For the past two weeks there have been threats to disrupt Christmas celebrations in Jos," Mr Yenlong told Bloomberg news agency.
About 74 people were wounded in the bomb blasts. Some are in a critical condition.

Economic conflict
Jos lies on the fault-line between Nigeria's mainly Muslim north and its largely Christian and animist south.
Although clashes take place between rivals gangs of Muslims and Christians, observers say the underlying causes are economic and political.
Muslims are generally from the Hausa- or Fulani-speaking communities. They are often nomadic people who live from rearing animals or petty trade.
The mainly Christian Berom, Anaguta and Afisare groups have traditionally been farmers.
Some Christian farmers feel they are under threat, as Hausa-speaking Muslims come down from the north looking for pasture for their animals.
In Maiduguri, suspected Islamist sect members attacked at least two churches late on Friday.
In one incident, petrol bombs killed five people including a Baptist pastor, Reuters news agency reported.
A security guard at a nearby church died in a similar assault, Reuters added.
BBC, 25/12/2010

Nigeria: Jos sees renewed clashes after bombings
Further violence between armed groups has broken out in the city of Jos in central Nigeria following bombings that killed 32 people.
Witnesses said buildings were set alight and people were seen running for cover as police and soldiers arrived.
Previous violence between Christian and Muslim ethnic groups in the region has killed hundreds.
The latest unrest was triggered by explosions on Christmas Eve in villages near Jos.
Nigerian Vice President Namadi Sambo is reported to be on his way to the area.
Details of the latest violence were unclear,but one witness quoted by Reuters news agency reported dozens of buildings on fire and bloodied people being carried to hospital.
Police commissioner Abdulrahman Akano told AFP news agency that one person had been killed.
"There were some skirmishes between the two groups and it is under control now," he said.
Mr Sambo's spokesman said that the vice-president was travelling to Jos on Sunday "to make an effort to quell this crisis".

Many injured
Friday's bomb attacks near Jos also left more than 70 people injured.
Reports said two bombs exploded near a large market. A third hit a mainly Christian area while the fourth was near a road leading to a mosque. No group has claimed responsibility.
Nigeria's President Goodluck Jonathan has pledged to bring those responsible to justice.
Jos has been blighted by religious violence over the past decade with deadly riots in 2001 and 2008.
The city is in Nigeria's volatile Middle Belt - between the mainly Muslim north and largely Christian south.
The tensions stem from decades of resentment between indigenous groups and settlers from the north.
Correspondents say that although clashes are often blamed on sectarianism, poverty and access to land and other resources are often the root causes.
BBC, 27/12/2010

Muslim group claims Nigeria blasts
Officials sceptical as Boko Haram sect says it was behind Christmas Eve attacks that killed at least 38 people.
A Nigerian Muslim group formerly known as Boko Haram has claimed responsibility for series of bombings on Christmas Eve in Nigeria that left at least 38 people dead and sparked violent reprisals.
In a statement published on Tuesday on what is thought to be its website, the group claimed responsibility for the bombings in central Jos and two attacks on churches in Maiduguri.
Nigerian police immediately cast doubt on the claim, but if the claims are true, the attacks would mark the first time Boko Haram strikes outside of the country's predominately Muslim north.
Many analysts have instead attributed the Christmas Eve bombings in Jos to the struggle for political and economic power in between Christian and Muslim ethnic groups in the region.
Hundreds of people have been killed in previous clashes between the two groups.
The website statement read: "O nations of the world, be informed that verily the attacks in Suldaniyya [Jos] and Borno on the eve of Christmas was carried out by us, Jama'atu Ahlus-Sunnah Lidda'Awati Wal Jihad, under the leadership of Abu Muhammad, Abubakar bin Muhammad Shekau."
Boko Haram changed its name following a prison break earlier this year, in which more than 700 inmates were freed, to Jama'atu Ahlus-Sunnah Lidda'Awati Wal Jihad, which translates roughly to "People Committed to the Prophet's Teachings for Propagation and Jihad".

'Religious war'
The statement said that the attacks were meant "to start avenging the atrocities committed against Muslims in those areas, and the country in general. Therefore we will continue with our attacks on disbelievers and their allies and all those who help them".
Shekau, the name mentioned in the statement, is a suspected Boko Haram leader. Video footage of a man believed to be Shekau speaking in the Hausa language was also posted on the website.
"We are the ones who carried out the attack on ... Jos," he said in the video. "We are the Jama'atu Ahlus-Sunnah Lidda'Awati Wal Jihad that have been maliciously branded Boko Haram ...
"Everybody knows about the gruesome murders of Muslims in different parts of Nigeria ... Jos is a testimony to the gruesome killings of our Muslim brethren and the abductions of our women and children whose whereabouts are still unknown ...
"My message to my Muslim brethren is that they should know that this war is a war between Muslims and infidels. This is a religious war."

Official scepticism
The address for the website had been given in a video that emerged earlier this year purportedly from sect members.
But Abdulrahman Akano, police commissioner for Plateau state, where Jos is the capital, cast doubt on the claim.
"Anybody can post anything on the Internet," he said, adding that the bomb blasts were not the usual method used by Boko Haram.
The Christmas Eve bomb blasts in Jos and the reprisals that followed killed at least 80 people, Nigeria's emergency agency said.
On Monday Nigerian police arrested six people in connection with the violence that erupted in the aftermath of the bombings, but not in connection with the blasts themselves.

Attacks condemned
Police and the army have declined to identify the bombing suspects. They have also not confirmed if the bombings were related to the church attacks. The two areas are about 520km apart.
Boko Haram is thought to have been defeated in 2009 when the military destroyed its mosque and its leader was arrested. He later died in police custody.
Ban Ki-moon, United Nations secretary-general, has condemned the violence in Nigeria "especially at a time when millions of Nigerians are celebrating religious holidays".
Goodluck Jonathan, the Nigerian president, has expressed his sympathy to the victims' families and committed to bring the perpetrators to justice.
"I assure Nigerians that [the] government will go to the root of this," he said of the explosions. "We must unearth what caused it and those behind it must be brought to book."
AlJazeera English 28/12/2010

Jos bombing: Politicians 'fuel Nigeria unrest'
Nigerian faith leaders have accused politicians of fuelling a recent upsurge in sectarian violence in which 80 people have died.
In a joint news conference, Muslim and Christian leaders said politicians were using religion to whip up trouble around the city of Jos.
Bombs exploded in several areas of Jos on Christmas Eve, and Christian and Muslim youths clashed two days later.
Nigerians are due to hold national and local elections in April.
Local politicians are frequently accused of trying to exploit communal tensions for their gain.
At Tuesday's news conference, Christian Association of Nigeria head Ayo Oritsejafor, and Nigerian Muslims' spiritual leader Sultan Mohammadu Sa'ad Abubakar made a joint statement criticising politicians.
Mr Oritsejafor said some politicians "know the weaknesses of the people".
"They know how to manipulate their beliefs and they know the... parts of the country where people react very easily," he said.
"Some of them are creating these kind of problems to make Nigeria ungovernable."

Islamist claims
The sultan accused politicians of a "failure of leadership".
"If the government in that area is... purposeful enough... they will find answers to these problems," he said.
Officials from Nigeria's emergency management agency (Nema) said at least 80 people had died and more than 190 had been injured in the recent outbreak of violence around Jos.
A radical Islamist sect reportedly said they carried out the Christmas Eve bombings.
A website apparently belonging to the Boko Haram group, which staged an uprising in the city of north-eastern city of Maiduguri in 2008, said it launched the attacks to "start avenging the atrocities committed against Muslims".
But police chief Abdulrahman Akano cast doubt on the claims, saying it was not Boko Haram's usual method.
"Anybody can post anything on the internet," he told the AFP news agency.
Boko Haram members who took part in the 2008 uprising were armed mostly with sticks and home-made rifles.
Security forces put down the uprising and killed about 800 people, including the group's leader.
Sultan Mohammadu also played down the Boko Haram link and called on all Nigerians "not to succumb to the moves and practices of the few destructive elements that really don't want peace in this country".
The city of Jos lies in Nigeria's volatile Middle Belt - between the mainly Muslim north and largely Christian south.
Jos has been blighted by sectarian violence over the past decade, with deadly riots in 2001, 2008 and this year.
The clashes usually pit Muslims against Christians, but analysts say the underlying issues are political and economic.
BBC, 29/12/2010

Nigerian Islamist attacks kill police and civilians
Suspected Islamists have killed at least five people, including three police officers, in attacks in northern Nigeria, police say.
The Borno state police commissioner said that 92 people had been arrested since the attacks on Wednesday in the city of Maiduguri.
The attackers are suspected of being members of the Boko Haram sect.
Clashes between the group and the police have left hundreds dead since last year.
Boko Haram claimed responsibility for the Christmas Eve bombings in the central city of Jos that killed some 80 people.
Commissioner Mohamed Abubakar Jinjiri told the BBC Hausa service that five people had been killed in the attacks. He said that among the arrested was a suspected Boko Haram financier, who had bomb-making equipment in his house.

Nigerian 'Taliban'
An army spokesman, Lt Abubakar Abdullahi, told the AFP news agency that eight people were killed in five separate attacks.
He said the Islamists burnt out a police patrol van in the attack in which the three officers were killed.
AFP quoted a Borno state police spokesman, Lawal Abdullahi, as saying that suspected Boko Haram gunmen had also killed a policeman and a retired officer and injured three civilians on Tuesday.
Hundreds of people suspected of being Boko Haram members escaped from prison in September after gunmen attacked the jail where they were being held.
The group, which is known locally as the Taliban, wants Islamic law imposed across Nigeria.
Last year hundreds of people, mostly members of the sect, died after Boko Haram members attacked a police station in Maiduguri and clashes spread to neighbouring areas.
BBC, 30/12/2010